20 /12/06 Animali come noi: l'avvocato degli animali

20 /12/06 Animali come noi: l'avvocato degli animali


Dal tavolo d'incontro animalista tenuto in memoria di Pietro Croce organizzato a Genova presso lo Star Hotel dal CRCSSA Onlus (Centro Ricerca Senza Sperimentazione Animale) si propone la relazione scritta da Eugenia Silvia Rebecchi e letta dalla dott.ssa Adriana Aiello.
Si ringrazia la dottoressa per la disponibilità e la professionalità dimostrata atta ad ovviare uno stato di salute non favorevole in cui versa il responsabile dell'associazione di volontariato Ayusya.


"Da circa 20 anni mi occupo di animali in modo sempre più pressante e coinvolgente.
Dapprima da semplice amante soprattutto di gatti poi ampliando via via il raggio di azione.
Ho fatto una scelta vegetariana dal 1983 e sono responsabile legale della Onlus Āyusya sin dalla sua fondazione. L’associazione di Volontariato che rappresento vede i suoi soci aventi diritto al voto solo vegetariani e pacifisti da almeno due anni consecutivi (da dimostrare).
Nella passata Amministrazione regionale sono stata eletta con voto di maggioranza quale membro supplente dell’Osservatorio sul volontariato zoofilo ligure. Durante questo mandato mi è capitato molte volte di contestare lo status quo in cui giaceva l’Osservatorio ed altrettante volte ho notato scemare qualsivoglia tentativo di iniziativa costruttiva a favore degli animali. L’Osservatorio si riuniva sempre più di rado e ciò che veniva discusso non ha mai avuto un termine: tutto è rimasto immutato sino ad “estinzione naturale” dell’Organo stesso in quella Amministrazione. Personalmente, non sentendomi più eticamente in pace, diedi le dimissioni.
Nel corso della nuova Amministrazione regionale si è formato un nuovo gruppo. Durante la votazione sono stata eletta unanimamente quale membro effettivo dell’Osservatorio.
Dapprima l’accordo era che ci vedessimo una volta al mese, purtroppo anche questo impegno non è stato onorato.
Le iniziative “annaspano” in una marea maleodorante di sete di protagonismo.
Gli animali sono solo una postilla…
Non ritengo sia tempo di atti ad effetto ma credo sia molto importante lavorare, quando possibile insieme ad altre realtà associative non partitiche e sincere, allo scopo di salvaguardare gli animali, possibilmente tutti, senza volgare specismo.
L’attuale normativa regionale sugli animali di affezione ed urbanizzati dà grande rilievo a cani e gatti, tocca appena la voce riguardante l’avifauna e null’altro.
Naturalmente ciò che la normativa prevede non si traduce in una pronta disponibilità provinciale, comunale o della ASL.
Sovente gli stessi Enti non conoscono la vigente normativa.
I Comuni piccoli, oberati da mille leggi apparentemente in contrasto tra di loro, rimangono “sepolti” da quelle leggi così specifiche quali ad esempio quella sugli animali.
Genova, al di là delle problematiche legate ai fondi ed alle strutture, è un’oasi felice: esiste un ufficio tutela animali da molti anni, un ufficio aperto, pronto ad ascoltare le esigenze degli zoofili e delle associazioni di settore. Un ufficio molto organico che cerca di ovviare ai molteplici aspetti legati agli animali di affezione, urbanizzati e, cosiddetti, infestanti.
Lo stesso non sarebbe neppure proponibile in altre realtà cittadine.
Ci sono Comuni come quello di Rapallo che convive con un ufficio tutela animali ed un delegato alle politiche animali che, con il placet della ASL4 che, anche secondo i media locali, è disposto alla deportazione di centinaia di piccioni destinati ad una riserva di caccia nel pavese.
Perché?
Per ovviare ad un maldestro quanto discutibile tentativo, da parte di una ditta a cui il Comune è legato per motivi a me oscuri, di garantire una granatura con mangime sterilizzante Ovistop.
Il mais trattato con nicarbazina viene prodotto solamente dalla ditta Acme di Cavriago (RE) e consegnato per la distribuzione a chi ne faccia richiesta.
L’Ovistop è considerato un farmaco e come tale è trattato ed affinché sia utile va somministrato secondo prescrizione locale supportata da studio propedeutico rivolto, soprattutto nel primo anno di distribuzione, alla presenza numerica.
Ovviamente questa fattibilità non va ricercata necessariamente in un professionista blasonato ma totalmente inesperto in materia (come quasi sempre accade quando sono i burocrati a comandare) bensì in uno staff di esperti, tra cui biologi, veterinari ed associazioni zoofile o animaliste che operino a livello locale a prescindere dalla propria collocazione nazionale.
Qualcuno potrebbe dire che questo granoturco medicato non funziona.
Beh, i volontari dell’Associazione hanno realizzato con successo la granatura per due anni consecutivi a Santa Margherita Ligure e per un anno a Zoagli con il plauso per la professionalità, la passione, la discrezione e l’ottimo risultato da parte della sig.ra Nichel, Sindaco di Zoagli.
Il mais funziona nella misura in cui lo studio che precede i lavori è serio e la granatura viene realizzata nei modi e nei tempi dovuti.
Purtroppo la legge regionale non è ancora così chiara sull’avifauna: viene presa in considerazione la sterilizzazione ma nessuno vieta espressamente, nella normativa locale, l’allontanamento forzato, i dissuasori viventi (la falconeria), la separazione delle coppie nelle varietà monogame (ad esempio il colombo), la morte per abbandono dei genitori dei pulcini e pulcinotti non autosufficienti per cause di oggettiva appartenenza specifica.
Qualcuno potrà dire: sì ma la normativa nazionale con la legge sulla caccia 157/92, la legge sul maltrattamento di animali 189/04 prevedono già questi casi.
Sì, è vero, però nel frattempo gli animali sono già stati “violentati” nella propria identità o uccisi.
Agli animali non serve avere ragione da un punto di vista legislativo o giuridico, serve vivere in libertà la propria vita.
Se proprio si riterrà necessario un intervento umano atto a mantenere il numero di una specie, esso dovrà essere rispettoso dei momenti biologici particolari e dell’etologia di quella varietà e dovrà essere sempre uno staff di esperti interassociativi, oltre che istituzionali, che deciderà consapevolmente la possibilità oggettiva d’intervento nel totale rispetto delle esigenze animali oltre che di quelle umane.
Ovviamente questo vale per la popolazione alata come per qualsivoglia varietà animale e oltre.
Sempre rimanendo in tema di avifauna urbanizzata sarebbe importante prendere in esame, per quanto concerne la Liguria, la stanzialità sempre più rimarcata di gabbiani reali, di varietà domestiche che richiamano varietà selvatiche sui rii, sui torrenti e sui fiumi nelle zone maggiormente antropizzate, di storni che, seppur per brevi periodi, creano disagio ai coltivatori, ecc.
I gabbiani reali hanno incominciato ad “abitare” nelle città diversi anni fa, trovando il sostentamento in prossimità delle discariche.
Da un po’ di tempo nidificano sui tetti delle nostre case, cacciano nei il cieli della città, soprattutto piccioni e si riproducono spostando i propri pulcinotti ancora immaturi negli alvei fluviali o torrentizi.
Presto si cominceranno a levare voci di dissenso per questa scomoda, quanto violenta presenza.
Per ciò che concerne invece i palmipedi maggiormente presenti nelle nostre acque, cioè anatre mute, anatre tipo Pechino, germanati, ibridi ed oche il discorso è leggermente diverso.
Di solito questi animali vengono visti con simpatia e, a parte i soliti isterici che non mancano mai a nessun livello, molto difficilmente scatenano ire di gruppo.
Il problema degli storni è, per motivi ovvi, ridotto alla realtà rurale che, fortunatamente, non è poi così massiccia in Liguria e che si può considerare anche meno grave poiché gli storni non sono deleteri per tutte le coltivazioni liguri.
Riassumendo la presenza dei “nuovi” vicini alati penso che sarebbe importante rivedere con idonei emendamenti la vigente normativa così poco chiara ed incisiva sui doveri delle istituzioni e sul contenimento numerico incruento, rispettoso, responsabile e consapevole.
Non sarà facile far breccia in un Osservatorio regionale sul volontariato zoofilo ligure così assente ma sarà un mio preciso dovere ed una mia determinata decisione insistere sino ad ottenimento di quanto in proponimento.
In questo momento, pur rallentata dalla difficoltà visiva, sto alacremente lavorando ad alcune integrazioni alla legge regionale 23 del 2000, sugli animali di affezione e sugli animali urbanizzati. Tali articoli spazieranno, oltre che sui volatili già menzionati, sui topi e ratti, sugli scarafaggi, sulle zanzare ed altre specie considerate “nocive” oltre, naturalmente a cani, gatti ed altri animali “naturalizzati” di affezione, quindi, secondo l’ultima Conferenza Stato – Regioni del 6 febbraio 2003 tutti quegli animali che abbiano caratteristiche di domesticità acquisita o caratteristiche di affezione acquisita.
Voglio soffermarmi un poco sugli animali considerati “nocivi”, cioè topi, ratti, scarafaggi, zanzare e così via.
Una storia antica, pregna di superstizioni e false credenze, distorce un’ottica obiettiva su tutti quegli animali che da sempre coabitano con noi seppur, in certi periodi, in modo discreto per poi mostrarsi, in altri periodi, in modo invadente.
Alcuni vedono i topi ed i ratti come portatori di malattie senza mai soffermarsi ad osservarli ed a studiarli seriamente.
Pochissimi si dedicano professionalmente a questi animali ed hanno un approccio privo di preconcetti ottundenti.
Alcuni bio architetti e bio ingegneri affermano senza dubbio alcuno che una costruzione concepita nella giusta ottica non sarà mai rifugio per roditori selvatici poiché, tra le altre innovazioni, sarà proprio una serie di accorgimenti estremamente semplici e scontati ad evitare le scomode presenze.
I topi in generale possono, se infetti, trasmettere la leptospirosi.
Sì è vero, esattamente come un umano può trasmettere “N” malattie infettive.
I topi sono animali deliziosi, intelligenti, versatili e, caratteristica che forse ci sconvolge, estremamente sociali e simili agli umani nell’organizzazione e gerarchia di gruppo.
Come possono i ricercatori italiani essere tra i migliori “derattizzatori”?
C’è veramente da vergognarsi.
Quasi tutti i principali composti atti a derattizzare sono stati concepiti in Italia ed esportati. In tutto il mondo.
I derattizzanti sono composti prevalentemente dicumarinici, ma ce ne sono anche di altra concezione.
La morte nei mammiferi è praticamente scontata se non si è coscienti dell’assunzione dell’inibitore della vitamina K.
Il dicumarinico infatti agisce sulla lenta e progressiva perdita ematica sino a morte del soggetto.
La morte spesso sopraggiunge per soffocamento poiché le cavità polmonari si riempiono di sangue e l’animale non può più adempiere alla sua regolare capacità respiratoria.
Avete mai assistito all’agonia di un ratto a cui è stato somministrato veleno?
E’ terribile.
Senza contare che gli animali interessati da queste derattizzazioni non sono “solo” topi e ratti bensì sovente interessano cani, gatti, ecc.
Io ritengo sia tempo di proteggere anche queste categorie di animali, chissà poi perché considerate marginali, contenendo il numero di presenze in modo razionale e rispettoso della vita.
Esistono delle alternative percorribili.
Percorriamole!
Ciò può essere attuabile anche attraverso un discorso non animalista bensì economico.
Perché arrivare ad un picco di presenze di animali “nocivi”, non compatibile con l’antropizzazione di certe città, quando si può mantenere una soglia accettabile durante tutto l’anno senza particolari spese per la comunità?
Questa razionalizzazione della gestione di certe varietà animali, vecchi e nuovi “infestanti” o “nocivi” può essere tenuta sotto un controllo demografico attento e serio.
Cioè esattamente un’inversione di tendenza rispetto a ciò che attua la maggior parte di Comuni in Italia in questo momento.
Senz’altro di maggior difficoltà è effettuare un controllo sulle nascite di insetti indesiderati.
Io credo che comunque l’Università possa aiutarci attraverso una ricerca non cruenta rivolta alla sterilizzazione chimica di alcune specie.
Naturalmente la ricerca avrà un costo che ritengo che un consorzio di Comuni ben amministrati possa coprire senza alcuna difficoltà.
Tutto questo sarà parte integrante degli emendamenti che saranno al più presto presentati all’Osservatorio regionale e quindi in Regione per l’acquisizione.
Senz’altro il pubblico a questo punto si chiederà perché io non mi occupi di animali “qualsiasi” quali cani e gatti.
Beh.
Vi dirò, c’è una schiera di persone che a ragion veduta, per isterismo, per amore o altro si occupa già di questi deliziosi pelosi.
Ciò che senz’altro posso dire, perché questo è ciò che trasuda quotidianamente dalla “strada”, è che se solo un decimo della normativa vigente in materia di animali fosse applicato, noi animalisti e zoofili non dovremmo quasi preoccuparci .
Trovo che, ad esempio in Liguria, la Legge regionale sia stata concepita in modo attuale e dinamico e, seppur dopo 6 anni richieda delle integrazioni, possa ancora reggere egregiamente.
Ciò che però fa trasalire è che, a parte qualche “oasi felice” ove l’intera normativa sugli animali (affezione, domestici, cortile, trasporti, vivisezione, pellicce, ecc.) è applicata, alcuni Comuni e altri Enti locali preposti ai controlli non conoscano neppure la sua esistenza.
Purtroppo non esistono sanzioni serie che inducano questi Enti pubblici a mettersi in regola.
L’unico articolo a cui appellarsi, per quanto mi è dato sapere, è l’omissione di atti d’ufficio che, essendo un reato depenalizzato dal governo precedente, appartiene ormai ad un passato quasi obsoleto.
Esisterebbe anche il comma 5 art. 24 della stessa Legge regionale che prevede il pagamento di una somma compresa tra un minimo di lire centocinquantamila ad un massimo di lire unmilionecinquecentomila per la violazione delle disposizioni agli articoli della legge stessa.
Ma l’applicazione di detto articolo sugli Enti locali avrebbe un senso se applicato quotidianamente.

Diamo comunque uno sguardo d’insieme alle strutture d’accoglienza della nostra Regione.
A parte alcuni rifugi nettamente in minoranza, quasi nessuno è in regola.
Questo non significa affatto che gli animali stiano necessariamente male in questi ultimi, significa solamente che le vigenti integrazioni che trattano le strutture non hanno assolutamente tenuto in considerazione tutto il territorio ma sono state concepite in realtà ultra urbanizzate e consapevoli, ove comunque gli Enti pubblici conoscono la normativa e la applicano grazie ad uno staff ad essa preposti.
La realtà ligure è fatta di piccoli spazi, di fasce di terra, di verde protetto, ecc. e questo contrasta in modo evidente con le norme che sono state accolte da alcuni piccoli burocrati che hanno avallato delle integrazioni non applicabili ovunque sul difficile ed impervio territorio ligure.
Comunque sia, se desideriamo che gli animali siano adottati in numero tale da evitare l’affollarsi dei canili o dei gattili, dobbiamo far pressione su tutti gli Enti affinché i cani, i gatti ed i furetti in età compatibile siano già consegnati sterilizzati al nuovo proprietario e che i cani siano censiti ed iscritti all’anagrafe canina nella prima settimana di vita e microchippati al quarantesimo giorno di vita.
La Regione Liguria nel 2005 ha inviato una circolare alle ASL e a all’Ordine dei Veterinari affinché sia applicato alla lettera ciò che il comma 8 art. 12 della Legge regionale 23 del 2000.
Cioè che un codice di riconoscimento sia applicato tra il quarto ed il sesto mese di vita onde evitare contestazioni.
Ciò poteva avere un senso sino al momento in cui si utilizzava la pratica ormai superata del tatuaggio.
Attualmente come codice di riconoscimento viene riconosciuto il microchip.
Ebbene questo minuscolo oggetto può e deve essere messo a dimora al più presto.
I canili ed i gattili sono colmi di animali di razza.
La fantasia, il cosiddetto meticcio, non è più solo nella infinita schiera di “senza tetto”.
Le fiere, i negozi, gli allevatori stessi “producono” in sede o, ahimè, nell’est centinaia, migliaia di animali di razza portatori delle patologie più gravi, privi di qualsiasi controllo.
L’unica caratteristica, spesso, è la sopravvivenza al viaggio!
Questi animali molto spesso muoiono durante il primo periodo di vita, quelli che sopravvivono, in percentuale, sono i futuri ospiti dei canili e dei gattili.
Sino a quando non sarà posto un freno, sino a quando non ci saranno dei severi controlli sulle importazioni di animali di affezione e non, sino a quando gli allevatori in nome del libero commercio potranno gestire le nascite e sino a quando le ASL ed i Comuni non istituiranno dei seri controlli sulla popolazione, quanto meno canina, noi animalisti e zoofili non potremo che cercare di ovviare ad un male inguaribile.
In questo contesto, come ho già dimostrato nell’integrazione dei regolamenti regionali sulla corretta detenzione della specie canina e sulla corretta detenzione nell’ambito di attività commerciali di cui mi sono occupata nella primavera scorsa, rimango a disposizione di tutto il pubblico per avere degli input utili ad una sempre migliore scrittura ed applicazione delle norme vigenti.
Grazie."
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